Rapporto dell’Osservatorio Economico 2024 sull’economia pugliese

Nel realizzare questo nuovo report abbiamo voluto superare la divisione netta tra quadro economico generale ed economia pugliese e del sud.

L’analisi procede dunque di pari passo alle tematiche affrontate nel corso di tutto l’anno, passando dalla demografia alla bilancia commerciale ed alle imprese.

Il 2024 ha visto la Puglia crescere in maniera disomogenea e settorialmente, pur seguendo l’andamento nazionale, come avevamo ampiamente previsto lo scorso anno.

Il Mezzogiorno in generale però non sembra ancora pronto a realizzare quel salto di qualità che lo avvicini al livello di competitività e produttività che dovrebbe – e potrebbe – raggiungere nei prossimi anni.

I cambiamenti economici ed industriali, la crisi della manifattura europea, la necessità di consolidare settori economici ed industriali strategici, senza trascurare altri meno impattanti sul PIL come il turismo, il dibattito tra diritto dell’ambiente e sviluppo, hanno riempito i dibattiti di questi mesi.

La dinamica della natimortalità delle imprese, del numero degli addetti, dei risparmi e dei prestiti, dei redditi complessivi, tutti insieme restituiscono un quadro nazionale che procede lentamente, con un sud che non sempre riesce a stare al passo, nonostante regioni come la Puglia dimostrino un discreto dinamismo che concede ancora tempo ma non è ancora sufficiente.

In questo anno ci siamo anche soffermati sulla annosa questione delle infrastrutture e sul divario che queste determinano tra le varie aree del paese, annotando che in taluni casi questo divario è stato determinato da una scarsa capacità delle classi dirigenti di individuare e fissare le priorità da realizzare attraverso i passati investimenti straordinari.

Può essere utile confrontarci con il rapporto Draghi sulla competitività, in particolare con le tre aree di intervento prioritarie individuate per la crescita:

  1. L’innovazione: il Mezzogiorno e la Puglia devono entrare a far parte a pieno titolo dello sforzo collettivo per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto nelle tecnologie avanzate. Le Università, i centri di ricerca e il tessuto industriale sono in condizione di compiere questo sforzo.
  2. la decarbonizzazione e la competitività: la Puglia, più del resto del Mezzogiorno, può ricoprire un ruolo strategico nel piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività. Non vi sono dubbi che la spinta globale alla decarbonizzazione possa trasformarsi in un’opportunità di crescita per l’industria pugliese, sia per la capacità di produrre energia pulita che per la capacità di partecipare alle nuove tecnologie e permettere la riduzione dei costi energetici;
  3. la riduzione della dipendenza strategica per la sicurezza: anche qui la Puglia è in grado essere protagonista grazie al Distretto aerospaziale e militare, in netta crescita in Puglia anche grazie alla recente nascita dell’incubatore.

Il 2025 dovrebbe vedere il settore edile in calo benché ancora sostenuto dagli investimenti pubblici come il PNRR, mentre continuerà la crisi della manifattura e del piccolo commercio, sempre più schiacciato dalle grandi piattaforme digitali.

L’inflazione non subirà grandi oscillazioni e l’export manterrà i valori dell’anno precedente, probabilmente con un piccolo calo. È molto probabile che con la vittoria di Trump possa ritornare il protezionismo statunitense che sarà negativo per le nostre esportazioni.

Il dato dell’import calerà spinto dal calo della domanda interna.

Il calo dei prestiti e la crescita dei depositi dovrebbe procedere con l’attuale consolidato trend.

Demografia Diminuisce la popolazione in Italia nonostante crescano i nuovi residenti stranieri: sono 112 mila gli stranieri che si sono registrati all’anagrafe nell’ultimo anno.
In questo quadro, non omogeneo per tutte le aree del paese, si inserisce la dinamica demografica pugliese che perde ancora popolazione ed è come se vedesse scomparire, ancora una volta, una piccola cittadina come Polignano a Mare, Tricase, Sava o Carovigno.

Non sono bastati gli oltre 5 mila stranieri che hanno preso residenza a bloccare questa emorragia.

Scendono soprattutto – ancora una volta – i minori, meno 12 mila a fronte dell’aumento di anziani, oltre 12.500.

Un invecchiamento ed una desertificazione delle zone periferiche della regione che sembra quasi irrefrenabile: questo impatta fortemente con l’economia e con le sue prospettive, perché è come se non ci fosse voglia di futuro e ci si voglia invece preparare a costruire un territorio e delle comunità che debbano prendersi cura di una popolazione prevalentemente anziana.

In controtendenza ovviamente il nord ovest e la Lombardia, in cui la popolazione cresce sia per effetto dell’immigrazione interna che straniera e in cui aumenta soprattutto la popolazione maschile.

Per leggere il report cliccare qui

 

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